BUROCRAZIA

La burocrazia viene spesso indicata come uno degli elementi che generano malessere collettivo e, insieme a questo, una frattura sempre più ampia e profonda fra la gente comune e le istituzioni.

La burocrazia, questa sorta di sottopotere grigio che vive di vita propria e sfugge a ogni controllo, persino da parte di chi la dovrebbe governare, viene comunemente percepita come uno dei mali assoluti della nostra società, l’elemento che frena lo sviluppo, che mortifica l’iniziativa, che rende più greve la vita di tutti i giorni.

Ed è tutto assolutamente e drammaticamente vero.

Fidatevi, perché a dirlo è uno che fa il burocrate da trent’anni e ormai conosce bene il mare in cui nuota.

Che cos’è la burocrazia, vista dall’interno? Voglio provare a raccontarvela.

La burocrazia si articola sostanzialmente in due componenti.

La prima è l’insieme delle regole, concepite in origine per stabilire in modo chiaro e univoco quali debbano essere i rapporti per una serena e pacifica convivenza civile, ma che qualcuno, in una sorta di estasi pianificatoria e regolamentatrice del tutto autoreferenziale, ha invece scritto con le parti meno nobili del corpo. La prosa è involuta, il lessico quasi incomprensibile, i contenuti evasivi, contraddittori e soggetti a differenti letture. Parlo evidentemente dell’impianto legislativo. Ogni giorno vengono emanate a profusione leggi con lo scopo di normare fino nel dettaglio più minuto ogni attività immaginabile. Ma sovente succede che le stesse leggi, per potere essere applicate, necessitino di decreti attuativi, per chiarire in modo ancora più fitto ciò che le stesse avrebbero voluto esprimere. E i decreti attuativi a loro volta necessitano di circolari applicative che vadano a colmare le residue zone d’ombra. E avanti di questo passo, in una ramificazione sempre più aggrovigliata e labile che finisce per dissolversi in una nube astratta assai lontana dai fini per cui tutto è nato: la chiarezza, l’univocità, l’immediatezza. Le regole basilari si sono trasformate in qualcosa di estremamente relativo, discutibile, soggettivo.

E qui entra in gioco la seconda componente: i burocrati, cioè coloro che per mestiere si trovano a dover applicare l’insieme delle regole siffatte. I burocrati si suddividono in due categorie. La prima è formata da quelli che, senza genuflettersi di fronte alle regole come ad altari sui quali sacrificare la ragione, intendono le medesime quali strumenti di lavoro e si sforzano, spesso con esito scarsamente apprezzabile, di trovare una via d’uscita dal labirinto. La seconda è formata da quelli che, per contro, utilizzano il groviglio delle regole da un lato come mezzo per giustificare l’essenza stessa della propria funzione, dall’altro come riparo da un destino ingrato che potrebbe costringerli ad assumersi delle responsabilità. E comunque, nel dubbio, la decisione viene subordinata al parere consultivo di una o più commissioni, che a loro volta si avvalgono di tavoli tecnici, ovvero di team di esperti su materie specifiche dirimenti, quali il colore delle tende dei balconi o la lunghezza del salame cacciatorino.

Il risultato finale è un organismo proteiforme, inafferrabile, che, pencolando fra Orwell e Kafka, avvelena l’esistenza quotidiana delle persone, sottraendole semplicità e lucidità.

Fa sorridere il pensiero che, per una sorta di bizzarro contrapasso anche i legislatori e i burocrati finiranno ineluttabilmente per misurarsi con il mostro che loro stessi hanno contribuito a creare. Se non altro quando capiterà loro di doversi curare o quando raggiungeranno la soglia della sospirata pensione.