GRETA E I VENTRILOQUI

Ogni tanto salta fuori qualche pifferaio che incomincia a suonare la solita tiritera sulla fine del mondo che avverrà dopodomani. E tantissimi topolini lo seguono a spasso per le strade, senza farsi troppe domande, senza sforzarsi di guardare la realtà da un punto di vista differente. Perché in fondo tutti noi, chi più chi meno, proviamo un’attrazione perversa per le catastrofi. Chi lo sa? Forse è un modo per cercare di esorcizzare le paure connaturate alla nostra fragilità.

Il pianeta Terra, nel corso dei suoi milioni di anni di vita, ha conosciuto una certa quantità di cataclismi: impatti con meteoriti, glaciazioni, dislocazioni della crosta terrestre, cambiamenti di inclinazione del proprio asse. Anche mutamenti climatici, si capisce, che si sono verificati periodicamente svariate volte. Riscaldamenti e raffreddamenti globali.

Eppure la fine del mondo non c’è ancora stata. Il nostro pianeta ha sopportato tutto quello che gli è capitato con una certa indifferenza. Ed è ancora lì. O meglio, qui, visto che noi ci camminiamo sopra. Noi, la specie umana, siamo soltanto ospiti occasionali sulla Terra, che rimarrà del tutto indifferente anche ai nostri comportamenti, giusti o sbagliati che siano, a seconda delle opinioni. E se un giorno deciderà di porre fine alle nostre minuscole esistenze, lo farà in modo autonomo e senza preavviso. I terremoti e le eruzioni vulcaniche sono molto più devastanti dei gas di scappamento delle auto e sono indipendenti da qualsiasi azione umana.

La razza umana non è che un’impurità chimica confinata su un pianeta di dimensioni modeste, orbitante in un sistema solare del tutto ordinario, situato all’estrema periferia di una galassia come tante tra cento miliardi”.

È una frase di Stephen Hawking, uno dei maggiori scienziati del secolo scorso, che rivela l’assoluta irrilevanza dell’uomo sulle vicissitudini del pianeta.

Certo, i cambiamenti climatici dell’ultimo periodo esistono e sono evidenti Eccome! Sono sotto i nostri occhi. Ma ci sono stati anche altre volte e non solo prima dell’era industriale, ma perfino quando la specie umana non era ancora apparsa sulla Terra.

Perciò è del tutto inverosimile l’idea di attribuire ai comportamenti umani la responsabilità, se non addirittura la colpa, di questi mutamenti e, ragionevolmente, anche qualora l’uomo decidesse opportunamente di cambiare certi suoi comportamenti, questo inciderebbe in modo assolutamente marginale sull’evolversi della vita del pianeta. Servirebbe solo a farci stare meglio con noi stessi e con le nostre coscienze.

Perché il pianeta vive e si trasforma motu proprio.

Pensare di poter agire in modo determinante sul clima del pianeta è soltanto un’illusione diffusa che trae origine dall’incommensurabile presunzione dell’essere umano di poter in qualche modo governare i meccanismi della natura.

Certo, potremmo, anzi dovremmo, cercare di inquinare un po’ di meno, perché è obbiettivamente possibile. Potremmo, anzi dovremmo, utilizzare di meno i materiali non degradabili, quando non è necessario. Penso, ad esempio, all’abuso che si fa degli imballaggi di plastica che accompagnano qualsiasi bene di consumo, dal cibo agli indumenti agli oggetti di uso quotidiano. Potremmo, anzi dovremmo, adottare comportamenti più rispettosi nei confronti dell’ambiente che ci circonda. Ma, detto questo, ritengo risibili e inaccettabili sia gli allarmismi isterici, sia i mea culpa accorati che in troppi stanno ripetendo in modo ossessivo, come un mantra.

Il pianeta non sta affatto rischiando di morire e il genere umano non sta andando incontro a un’estinzione di massa. Peraltro, su questo tema, l’orientamento della scienza è tutt’altro che univoco. Solo che, come sempre accade, viene percepita come vera solo la posizione di chi strilla di più.

Semplicemente, sulla Terra si stanno verificando alcuni cambiamenti, com’è sempre avvenuto.

Non dimentichiamoci che se il petrolio e la plastica non esistessero del tutto, probabilmente gli uomini morirebbero prima, molto più giovani, come avveniva agli inizi dell’Ottocento. Perché grazie al petrolio e alla plastica le nostre condizioni di vita sono migliorate.

In fondo, tutto ha un prezzo.

Io sono nato alla fine degli anni Cinquanta, in un periodo di transizione fra il dopoguerra e la cosiddetta civiltà dei consumi, e ho potuto assistere al progressivo miglioramento delle nostre condizioni di vita. I miei nonni vivevano in un appartamento riscaldato da un’unica stufa a carbone (forse il carbone non inquina?) collocata in cucina e il cesso era sul ballatoio, in comune con gli altri appartamenti che vi si affacciavano. Oggi viviamo in case non solo riscaldate, ma addirittura climatizzate; possiamo conservare gli alimenti nei frigoriferi; mangiamo, sì, il cibo con i conservanti, ma non rischiamo di prenderci il verme solitario a causa di una fetta di salame; ci spostiamo con mezzi molto più sicuri ed efficienti di un tempo; molte malattie che prima mietevano vittime oggi sono state sconfitte.

Nelle nostre città inquinate, nonostante tutto, la vita media degli esseri umani si è allungata. Sarà forse che la capacità di adattamento dell’uomo ai mutamenti ambientali è superiore a quella che immaginiamo. Sta di fatto, comunque, che viviamo più a lungo e ci curiamo dalle malattie con maggior efficacia.

Quindi io non credo affatto a quelli che continuano ad additare il progresso come il peggiore degli incubi, dipingendo di fronte ai nostri occhi scenari apocalittici e vagheggiando, come unico rimedio, un improbabile ritorno a una stagione bucolica.

Dobbiamo renderci conto che costoro stanno esagerando. Si può migliorare, certo, si può sempre migliorare. Ma non è il caso di farsi sovrastare da paure, angosce e rimorsi ingiustificati. Mi piacerebbe sapere quanti dei nuovi pifferai sarebbero davvero disposti, individualmente, a sacrificare un solo grammo del benessere che il progresso ci ha fatto conquistare. Compresi tutti quei ragazzi che ieri, a frotte, hanno saltato la scuola per salvare il pianeta.

E nemmeno io. Io comunque non ci sto.

Non sono disposto a rinunciare a una casa riscaldata, all’aria condizionata, all’automobile, all’illuminazione artificiale, agli elettrodomestici e a tutti i gadget tecnologici che ci semplificano la vita.

In altre parole, non voglio tornare indietro nel tempo. Come chiunque altro di noi. E quelli che si ostinano a negarlo sono soltanto degli ipocriti.

Con buona pace di Greta e di tutti i ventriloqui che la stanno buttando avanti, facendole ripetere a pappagallo frasi fatte e luoghi comuni.

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